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Il Prof. Dosi in Uruguay: tra due importanti convegni parla di crisi internazionale e politiche industriali

Publication date: 29.11.2011
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In Uruguay in questi giorni per partecipare ai due importanti convegni "Foro Estrategia Nacional de Desarrollo y Estructura Productiva" e "Foro de Innovación de las Américas 2011", il Prof. Giovanni Dosi, docente di Economia al Sant'Anna, si è lasciato intervistare dagli importanti quotidiani nazionali del Paese Brecha (l'articolo è QUI) e La Diaria (l'articolo è QUI) su argomenti di pregnante attualità: politiche industriali e crisi internazionale.

Le politiche industriali devono essere considerate un fondamentale motore di sviluppo della struttura produttiva di un Paese: infatti, le risorse naturali possono sostenere la crescita per un certo periodo, ma nel lungo periodo, la relativamente scarsa manodopera impiegata nel settore, l'impossibilità di risolvere il problema della crescente iniquità all'ingresso e le scarse opportunità di apprendimento tecnologico, tendono a contrastarne i benefici. Non c'è Paese al mondo che si sia sviluppato senza scommettere e investire in tecnologie che sono alla base delle industrie e dei servizi più avanzati. L'Argentina ha puntato molto sulla esportazione dei suoi prodotti agricoli e i Paesi arabi sul petrolio, ma non sono riusciti a uscire dal sottosviluppo.

In merito alla crisi internazionale, il Prof. Dosi ha sottolineato come il vero problema sia la domanda effettiva: il debito pubblico è, infatti, conseguenza della bassa crescita. Se la crescita fosse maggiore, il debito pubblico tenderebbe a regolarsi. Ovviamente vanno portate avanti serie politiche espansive. L'Italia deve pagare, con una politica di austerità e disciplina, le conseguenze di una bassa crescita protrattasi per dieci anni. Italia, Spagna e Portogallo dovrebbero procedere con una ristrutturazione del debito, una bancarotta controllata, che certamente avrà serie conseguenze nel sistema finanziario internazionale, ma che alla fine risulterà positiva in quanto comporterà un "taglio dei capelli" al sistema finanziario. Il sistema bancario subirà una importante perdita, ma è inevitabile. L'Italia, infine, potrebbe essere il primo Paese a lanciare questa bomba atomica e a scatenare il cambiamento.